*Articolo redatto dalla Dott.ssa in psicologia Roberta Abdelgawad*
Il costrutto "vissuto di malattia" riassume in sé l'insieme di esperienze legate indissolubilmente alla patologia. Esperienze che, in caso di cronicità, sono accomunate da un'onnipresenza e da una pervasività tali da rendere la malattia una condizione totalizzante. La necessità di convivere con una patologia cronica rappresenta una sfida che permea la vita delle persone che ne sono affette a trecentosessanta gradi. Non è un caso quindi se a volte viene rappresentata come una prigione. Chi ne soffre si deve adattare a vivere e convivere con i sintomi, cercando come possibile di rendere la sua cella un poco più confortevole. Riassumendo fuor di metafora possiamo dire che il vissuto di malattia legato a una patologia cronica va ben al di là dei sintomi.
Come in tutte le situazioni in cui si racconta uno spaccato di vita, le fonti migliori a cui rivolgersi sono certamente i diretti interessati. Chi può raccontarvi la quotidiana lotta contro una malattia cronica se non chi la vive giorno dopo giorno sulla sua pelle?
In questo articolo mi limiterò a trattare l'argomento dal punto di vista di una professionista che ha approfondito queste tematiche e che ha raccolto numerose testimonianze. Il tema nella comunità scientifica ha suscitato interesse crescente, come dimostrano i numerosi studi pubblicati dagli anni Settanta del ventesimo secolo a oggi. Basta cercare "living with chronic" su PubMed per renderci conto della frequenza con cui si pubblicano articoli a proposito di questo argomento. Frequenza che è andata via via aumentando, con costanza.
Questi risultati indicano che se a volte bisogna fare un passo indietro ed ascoltare, altre volte si può e si deve parlare. Sempre con il massimo rispetto e con il genuino intento di educare e educarci.
È certo che la sintomatologia legata a una patologia cronica ha di per sé un impatto su diverse sfere della vita di chi ne soffre. Bisogna porre però particolare attenzione a non identificare completamente la patologia con i suoi sintomi. Ci sono infatti alti e bassi in molte malattie, con momenti di parziale o totale remissione del sintomo. Ciò non significa che con esso scompaia anche il vissuto di malattia; restano presenti i cofattori, psicologici e no. Un elenco non esaustivo degli elementi coinvolti nel vissuto di malattia anche in assenza di sintomi potrebbe comprendere:
• la necessità di assumere quotidianamente la terapia farmacologica;
• l'ansia legata alla mancata diagnosi prima, alla ricerca di una terapia efficace e alla
consapevolezza della cronicità poi;
• lo stress di non soddisfare i parametri di produttività imposti dalla società;
• la dura pressione a cui vengono sottoposti i rapporti interpersonali di ogni tipo;
• lo stigma, presente soprattutto riguardo alle patologie cosiddette "invisibili".
Si potrebbe andare avanti a lungo a elencare questi fattori e cofattori, per questo si tende a ridurre la lista raggruppandoli in ambiti di vita. Quelli che restano coinvolti nel vissuto di malattia sono i più disparati. Basti pensare che una patologia cronica, proprio per la sua natura pervasiva, potrebbe talvolta causare scompensi legati ai seguenti ambiti:
La sfera personale è la prima a essere compromessa. Già mentre si cerca una diagnosi la vita della persona viene messa in stand-by. Durante l'iter diagnostico, infatti, le stremanti attese e gli esami infiniti lasciano poco tempo e risorse da dedicare ad altre attività. Si stima che la diagnosi definitiva per una patologia cronica si faccia attendere in media sette anni, passati i quali si raggiunge un primo traguardo.
La patologia ora ha un nome. Si prova a volte del sincero sollievo: la notizia non è delle migliori, ma almeno la via crucis degli esami diagnostici è finita. Il calvario della caccia alla diagnosi viene soppiantato dall'odissea della ricerca della terapia giusta. Quella sensazione di aver premuto il pulsante "pausa" sul telecomando della vita si prolunga dolorosamente. Alcuni pazienti sono costretti a lasciare da parte ambizioni e obiettivi, anche perché ora ai sintomi si aggiungono gli effetti avversi dei farmaci che non lasciano scampo.
Gradualmente, per tentativi ed errori, molti arrivano finalmente a stabilire una terapia farmacologica più o meno equilibrata fra efficacia e controindicazioni. Qualcosa che tenga a bada i sintomi abbastanza bene da ristabilire la necessaria funzionalità della persona. E la battaglia vera e propria inizia ora.
Non scenderò oltre nei dettagli perché queste testimonianze appartengono a chi le ha vissute in prima persona. Ci tengo però a soffermarmi su due fenomeni che riguardano la sfera personale e che trovo esemplificativi dell'impatto totalizzante della patologia cronica:
• la persona affetta da patologia cronica spesso deve assumere quotidianamente diversi medicinali. Il farmaco, o più spesso diversi farmaci, entrano prepotentemente e a fatica nella routine modificando le abitudini. Ho ascoltato numerose testimonianze di persone che per questo motivo hanno rimandato l'inizio dell'iter diagnostico e/o l'inizio della terapia stessa.
• la vita di chi convive con una malattia cronica è, alcune volte, punteggiata di privazioni e rinunce. Un continuo richiamo a cosa si dovrebbe, non si dovrebbe o sarebbe meglio fare. Questa perdita dell'autodeterminazione è uno degli effetti più distruttivi del vissuto di malattia dal punto di vista personale. Alcuni pazienti hanno testimoniato che si smette di essere "persona" e si diventa "corpo malfunzionante da aggiustare a tutti i costi".
Il mancato riconoscimento sociale dell'impatto che le patologie croniche hanno sulla vita potrebbe causare un effetto deleterio del vissuto di malattia su questi due ambiti. Fra i sintomi non sono infrequenti dolore e stanchezza cronici che non permettono di frequentare quotidianamente il posto di lavoro. In alcuni casi la possibilità di lavorare anche da casa con il telelavoro o lo smart working è fondamentale. Questi stessi sintomi insieme alle problematiche psicologiche connesse, come ansia, stress e depressione, ledono invece la vita relazionale.
La persona potrebbe sentirsi scarica, senza forze e giù di morale. Le relazioni per alcuni pazienti possono diventare compromesse anche per lo stigma relativo soprattutto alle cosiddette "patologie invisibili", come ad esempio quelle di originale virale (epatite C, HIV) e all'ignoranza endemica sul tema. Alcuni studi hanno anche indagato il vissuto di conviventi e famigliari di queste persone. Questi approfondimenti meritano di essere trattati in un'altra sede, tuttavia nella bibliografia ho deciso di inserire alcuni interessanti articoli in merito.
Esperienze diverse in culture diverse. Potremmo riassumere in questa frase l'impatto che la società può avere sul vissuto di malattia cronica. Molto, dicono alcuni studi, dipenderebbe dalle risorse che la cultura di origine mette a disposizione delle persone in termini di gestione dello stress. Un altro fattore cruciale è la percezione che si ha in ogni nazione delle persone affette da patologie croniche o acute. In Italia, ad esempio, solo di recente si parla di abilismo, cioè del comportamento discriminatorio nei confronti delle persone con disabilità.
Ancor più recente è il disegno di legge che propone di sanzionare questo comportamento come crimine d'odio. Sentirsi parte di una minoranza invisibile agli occhi di tutti può avere un effetto catastrofico sull'autostima e la percezione di agentività e autoefficacia. Nelle persone affette da queste patologie può subentrare un senso d'impotenza, quando non un vero e proprio vissuto di colpa.
Tanto ci sarebbe ancora da dire sul tema, ma sul web spazio e tempo sono tiranni impietosi. Chiudo con un appello ai lettori: tutto ciò che possiamo fare per queste persone è ascoltare per educarci, rispettare la persona dietro al dolore, offrire aiuto con umiltà ed empatia. Non sminuite il vissuto di malattia, non cercate di sostituirvi alla persona, non dite "ti capisco" o "immagino come ti senti". Noi non immaginiamo, ve lo assicuro. Per concludere ci tengo a ringraziare tutte le persone che mi hanno fatto e mi fanno dono delle loro esperienze. Ho imparato dai vostri racconti il vero significato dell'espressione "vissuto di malattia" eppure so che non sono neanche vicina a comprendere la vostra sofferenza. Grazie di cuore.
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